Andy Warhol, Roy Lichtenstein, James Rosenquist, Eduardo Paolozzi nomi noti a tutti, che hanno fatto la storia della Pop Art. Ma cosa vuol dire esattamente Pop Art e perché corrente artistica ha stravolto il mondo dell'arte?
Come nasce la Pop Art nella storia dell'arte?
Non tutti sanno che la Pop Art nasce nei primissimi anni Cinquanta, quando un gruppo di artisti londinesi, che si autoproclamava Gruppo Indipendente cominciò a ritrovarsi per affrontare alcuni temi di discussione. Questi argomenti riguardavano soprattutto il rapporto fra arte e cultura di massa in un periodo in cui i rady-made avevano già annunciato la morte del classico concetto di Arte. Il dopoguerra in Gran Bretagna fu un periodo particolarmente difficile, che spinse gli inglesi verso la cultura pop che giungeva da oltroceano. Verso la metà dello stesso decennio a New York si sviluppava una rivolta contro il modernismo in nome dell'espressionismo astratto che porta il nome di Neo-Dada. Fra i suoi partecipanti figurano i nomi di Allan Kaprow e Robert Rauschenberg, precursori della grande avanguardia che fu la Pop-Art. Arriviamo quindi agli anni Sessanta, quando il mondo dell'arte newyorkese sentì l'esigenza di andare oltre il fermento generato dal Neo-Dada, per estremizzare il concetto di dadaismo e rivolgerlo verso la cultura pop dei mass-media.
Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono la Pop Art?
La Pop Art nasce quindi come risposta al mondo del mass-media, al mondo patinato e luccicante delle campagne pubblicitarie. Se il Dadaismo si proponeva di creare nell'osservatore uno choch che desse vita ad una chance politica, l'arte Pop mette a nudo la perdita della dimensione erotica della realtà e l'avvento sempre più schiacciante della pornografia del tutto. La Pop Art è un'arte che mette l'osservatore davanti all'evidenza della pubblicità totale, è un'arte che ha perso perfino il suo risvolto critico, per sprofondare nella barzelletta della realtà iper-mediatica. L'arte Pop ci mostra un'arte che, dopo l'avvento delle avanguardie, non desidera più altro se non l'estetizzazione continua del tutto. Il vero terrore della società contemporanea si traduce per la Pop Art nella mancanza dell'alienazione in ciascun individuo che osservi i mass-media. Questa corrente artistica si caratterizza quindi per l'appiattimento delle icone, secondo la logica propria dei mass-media, per rendere tutto osceno: più visibile del visibile. Le immagini televisive ci mostrano una finta realtà sempre molto vicina, trasparente, idolatrata, mettendo in scena lo spettacolo della banalità. In mezzo a questa ostentazione del pleonastico emerge la voce di un italiano: Eduardo Paolozzi. Paolozzi mostra un'arte fatta da oggetti in serie e gadget, un'arte dove le opere non si oppongono più a nulla, sono prive di tragicità, ma ricche di gioco senza più la possibilità di uno choch, che risvegli le coscienze.
Con la Pop Art finisce la sovversione del mondo
Dopo la grande abbuffata delle avanguardie giunge nel mondo dell'arte la Pop Art, che nega la sovversione del mondo a lungo annunciata. Questa nuova corrente artistica esibisce la sua integrazione totale nel mondo contemporaneo: non c'è più frattura col mondo, ma continuità. Si tratta di una nuova arte, che non mira più all'annichilimento allegorico del mondo come nel caso del Dadaismo o del Surrealismo. Nelle opere di Andy Wharol l'autenticità dell'arte e la sua commistione col mondo non creano problemi, anzi avviene per la prima volta l'esibizione in modo indifferente della fine di un'arte critica, delle avanguardie.
Andy Warhol, la Pop Art e gli anni Duemila
La Pop Art e il suo simbolo, Andy Warhol, sono diventati l'oggetto delle riflessioni del filosofo esteta Jean Baudrillard. Secondo Baudrillard ciò che ontologicamente Warhol fa è introdurre il nulla nelle immagini. Wahrol preserva solo il carattere di segno dell'immagine: l'arte viene esibita nella sua scomparsa, nello slogan dell'arte Pop: il nulla è perfetto perché non si oppone a nulla. L'estremizzazione della Pop Art giunge negli anni Duemila al concetto limite dell'immagine come pornografia della realtà con Jeff Koons. L'arte come gadget, il gadget come arte. Il gadget, l'oggetto inutile diventa un'opera artistica annullando totalmente qualsiasi spessore e riducendosi a pure profusione di qualcosa in cui non c'è più niente da vedere. Tanti gli artisti che nel nuovo millennio hanno dato il loro contributo alla Pop Art, come Andreas Gursky, autore di 99 cent, 2001. Nelle sue opere viene resa ridondante la presenza della ripetizione, del pubblicitario, del commerciale. In questo stesso periodo, in Italia, la Pop Art continua la sua ricerca artistica, rappresentata da artisti come Antonio Murgia, classe 1956, che da decenni si dedica alla pittura Pop. Nell'ultima fase del suo lavoro si è dedicato al nuovo progetto OROS (ORdine e caOS) in cui le pennellate decise si mischiano ad adesivi, numeri e collage in un mix che riporta questa corrente artistica alle sue radici britanniche. Antonio Murgia